Ha un colore tutto suo la terra d'Ungheria. Strisce di verdi graduati e marroni cupi scadenzano appezzamenti agricoli a perdita d'occhio. E' questo il proscenio alla citta' di Budapest. Al centro domina il Danubio che si muove lento, mercuriale, come un gigantesco serpente tra le due rive separate eppure legate in un sodalizio comune di spazio urbano. Sul colle la bella Buda con gli antichi edifici, il palazzo reale, le guglie del castello, guardie comparse e rapaci per la gioia dei turisti. Sotto l'immensa Pest con la traccia storica del suo passato, oggi patrimonio dell'umanita', pressato nella morsa di una megalopoli contemporanea che sa di capitale europea. Soggiorno sull'isola Margherita. Le finestre si affacciano sul fiume. Tra me e l'acqua platani secolari e querce. Uomini e donne fanno jogging sull'argine di questo algido paesaggio invernale. La nebbia oggi e'ovunque e solo grazie a questo naturale passpartout, camminando sul ponte che riporta alla terra ferma, si disegna netta ai miei occhi la lunga balaustra gialla dalle geometrie perfette. Budapest e' una citta' dall'anima deco'. Architetture e dimore storiche di pregio oggi quasi completamente vuote raccontano di un epoca non troppo lontana. Cammino per le strade piu' rinomate, tra megastore e marche internazionali aleggia la perdita di un'identita' nazionale. Assenti i negozi artigianali che mi sarei aspettata di trovare, al loro posto rivendite di souvenirs di bassa qualita'. Guardo ad un'opera di Caravaggio giunta fino a qui per una esposizione temporanea. L'avevo vista a Roma qualche anno prima nelle sale di Villa Borghese e la potenza di questa tela mi fa sentire di colpo a casa.
Mi allontano per vicoli appartati e la sensazione di abbandono si ripresenta. Sono 250.000 gli ebrei che furono strappati dalle loro case durante l'Olocausto. Anche la dominazione russa e l'emigrazione di massa hanno lasciato una frattura netta in questo luogo. Mi pare di osservare una pianta dal grande tronco e dai rami recisi, che pur vive di una sua inimitabile corrispondenza. I giovani ungheresi oggi viaggiano, parlano perfettamente l'inglese e amano tornare alle loro radici con spirito rinnovato e desiderio di rinascita. Mi auguro che riescano nell'impresa. Solo quando e' tempo di ripartire mi rendo conto di come questo spazio di mondo possa fare ora anche parte di me. Michela Papavassiliou. Gennaio 2014