La prima volta che sentii al telefono la voce di Pietro Cascella mi conquisto' da subito. Era pacata ma solare, illuminata da una consapevolezza di vita acquisita negli anni e da una passione magmatica ed irrefrenabile per la creazione artistica. Mi disse " Dall'autostrada esci ad Aulla, non puoi sbagliare, io ti aspetto. " Conosceva mio padre, entrambi avevano stretto amicizia con Sebastian Matta, con il quale amavano districarsi tra le rapide della corrente surrealista. Arrivai quel giorno al Castello di Fivizzano, principesca dimora in una valle appartata. Attraversato il ponte in pietra che un tempo proteggeva la fortezza, mi apri il massiccio portone borchiato il custode. Mi guido' agli appartamenti di Pietro, con passo certo, dettato da una consuetudine a quegli spazi, tra i quali si muoveva perfettamente a suo agio. Attraversammo le antiche scuderie, piene di sculture in marmo e pietra chiara. Grigi , bianchi sporchi, visioni architettoniche, busti e forme riconoscibili al primo colpo d'occhio, di matrice cascelliana. Tutti progetti figli di uno stesso padre. Giungemmo in un grande salone dall'altissimo soffitto in legno. Pietro mi venne incontro, il corpo compatto, seguiva un passo lesto che sembrava partire tutto da dentro e di cui percepii la potenza energetica incrociando lo sguardo aperto e sincero del Maestro. Cascella aveva mantenuto, ignaro degli anni che gli erano passati addosso, lo sguardo puro di un bambino. Mi abbraccio' e, seppure fosse la prima volta che ci incontravamo, mi sentii a casa. Dovevo organizzare una mostra collettiva in un padiglione di arte contemporanea che avevo progettato nella piazzetta di Portofino e volevo mettere due sue opere. Non potro' mai dimenticare il suo commento di allora: " Ogni cosa in nome dell'Arte ha senso di essere fatta." Di quel tempo conservo questo motto come una delle cose a me piu' care di Cascella. Lo seguii su per la scala imperdibile, saliva rapido, si percepiva che quello era il suo piccolo e inespugnabile mondo. Ho capito in quel momento che era un privilegio raro poter accedere ad una simile atmosfera con un ritmo domestico e rilassato come quello che Pietro aveva deciso di offrirmi. Apri alcuni cassetti lentamente, come stesse spostando piccoli cumuli di terra da pietre preziose semicelate al suolo. Tra le sue mani comparivano schizzi appena accennati, studi per sculture poi realizzate, piccoli sogni dai colori pastello, teste meravigliose di profilo o a tre quarti. Confesso che quando sono di fronte ad un capolavoro ho come un lieve senso di vertigine, alla stregua di un bacio appassionato o di una immensa gioia. Fu esattamente cosi che mi sentii ed oggi che Pietro non c'e' piu' so che quello spicchio di vita per quanto piccolo a livello temporale ha lasciato in me un segno indelebile. MP