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Incontro Marco Lodola nel suo studio di Pavia. Un loft pieno di luce in un'area industriale non lontana dal centro della città. Mi accoglie con un gesto, lo vedo dal basso affacciarsi alla finestra e indicarmi la via. Arrivo al piano e oltre la porta una voce mi dice "E' aperto". L'uscio si spalanca, davanti lui. Sono colpita dal sorriso bonario e beffardo insieme, che ben conosco, quando incedi sul terreno sacro di un artista, che viaggia istintivamente tra due correnti opposte, compiacimento per l'apprezzamento della sua Arte e sopportazione per l'invasione di campo. Le opere illuminate e policrome sono qua e là, appese nel loro habitat naturale, come il loro artefice.
Marco Lodola nasce pittore ma dopo anni di fatiche sulla tela, un ventennio fa viene attratto da un'altra direzione.
Lodola_ "Ero da Marconi a Milano e vidi un'opera in plastica appesa. Pensai che era interessante provare a sperimentare l'utilizzo di quel materiale ed andai in un laboratorio dove oltre la produzione, restauravano vecchie insegne. Vidi appoggiata a terra in un angolo quella mezza rotta del ristorante storico Rabbit, raffigurante un coniglio, e in quel momento capii che era già, così com'era, una scultura. Cominciai allora a sperimentare. Lì lavorava Ottavio che oggi è con me in studio.Nascono così le mie prime opere luminose."
Osservo nella grande Sala Teatro, che io chiamo in questo modo perchè sembra di entrare direttamente in un palcoscenico, un'opera trasparente raffigurante una ballerina ciclopica. Al suo interno una moltitudine di fili luminescenti intrecciati disegnano il contorno di una sagoma sul buio di fondo.
Lodola_ Il passaggio a queste opere è avvenuto circa dieci anni fa. Osservavo camminando per la città le luminarie un po chic di alcuni negozi cinesi. Mi venne l'idea che avrei potuto evolvermi da quella parte e provai. Un giorno_ride_ero rimasto senza supporti colorati. Avevo in studio solo materiale bianco e nero. Creai comunque, con quello che avevo a disposizione e ne vennero fuori dei pezzi che portarono la critica a dire che il mio lavoro si stava orientando verso una pulizia formale. A volte le cose nascono così."
L'amore di Marco per la musica è sempre stato forte.Nella Sala della Musica, un pianoforte, una chitarra una batteria, sembra che il gruppo abbia appena smesso di suonare o che il concerto possa iniziare a minuti.
Lodola_Suono diversi strumenti, la musica ha sempre fatto parte della mia vita. Ho avuto un gruppo con cui suonavo, poi passavano di qui artisti bravissimi e io mi cimentavo con loro. Di qui la mia amicizia con Ron, con gli 883 per i quali ho fatto le copertine dei dischi, da qui sono nate molte collaborazioni con musicisti a me cari.Oggi se faccio una mostra mi piace avere un amico che suona il piano."
Parliamo dell'Arte Contemporanea, di vita e passioni. Marco si distrae un attimo e quasi scusandosi dice "Aspetto un'amico". In quel momento una figura entra nello studio. Non riesco per la lontananza a decifrarne perfettamente i lineamenti, ma capto una sintonia immediata tra lui e Lodola e lo stesso sorriso tra il divertito ed il canzonatorio. E' Ezio Iacchetti suo grande amico. Mi sono trovata, senza saperlo, in un rituale ormai consolidato da anni. Ogni Giovedì i due si incontrano per passare qualche ora insieme.
Iacchetti_"Stiamo un po' qui a parlare e poi andiamo a pranzo sempre nello stesso posto. Cascasse il mondo a questo appuntamento con Marco non ci rinuncio_ sorride_ a noi si aggiunge un terzo amico, che sta per arrivare ora. Quando poi , dopo aver ben mangiato e bevuto torniamo qui, Marco mi dice due secche parole e io so che devo levare le tende."
Lodola_"E' così che deve essere, a piccole dosi, in tutti i rapporti, che ti rimanga ancora la voglia di rivedersi".
Concordo e mi dileguo, l'estasi chiama i suoi spazi. Michela Papavassiliou
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