Le immagini di Tim Parchikov sono il prologo all'assenza. Una panchina sformata su di un paesaggio innevato racconta senza il verbo la nuova solitudine. Dietro ad essa un sentiero guadagna un colle e sparisce. Una donna incede su di un selciato bicolore in procinto di uscire di scena, ancor prima di rispondere alla domanda su quale parte desidererebbe stare. La testa di una ragazza sparisce dietro un quadro spostato mettendo in scena un'opera nell'opera. Orme sulla neve tracciano la memoria di passaggi ormai esauriti. Una giovane dal vestito candido è appesa senza vita ad una nuvola. Parchikov ha la capacità infantile di raccontare in modo semplice un mondo crudo, malinconico, di resistenza, di sorte tracciata da una serie di punti in sequenza lineare. Il superfluo estromesso, il minimo vitale si ferma sempre una attimo prima di diventare disperazione. Niente sonoro dunque, i patimenti si affannano in spazi afoni, cacciati dal cielo come gelido nevischio. La "nuda anima russa" è incisa dal bisturi del segno. In pausa l'estasi incollata alla lente del suo geniale obiettivo. MP
all @ Tim Parchikov